lunedì 11 aprile 2011

L'uomo in più: questo sconosciuto.


L’uomo in più.
Un film che è un capolavoro assoluto.
Un film che chi lo ha visto lo ha amato.
Un film che è troppo sconosciuto.
Non si può non rendere onore a Sorrentino per questo film.
Questa non è una recensione, è un osanna a questo lungometraggio.
Due personaggi, stesso nome, caratteristiche e caratteri opposti.
Due modi diversi di affrontare il successo e il declino, due persone fondamentalmente deboli, insicure, come la maggior parte di noi, che affrontano la vita come meglio sanno fare. La vita ci pone davanti a delle scelte e delle situazioni che affrontiamo quotidianamente e cerchiamo di farlo alla nostra maniera, pensando che sia quella migliore.
Con i nostri stessi occhi è difficile guardare i nostri errori e ancora di più ammetterli.
Con i nostri stessi occhi è difficile capire chi è la persona di cui ci possiamo fidare, e ancora più difficile comportarsi sempre in modo che lei si possa fidare di noi.
Ma quando poi ci rendiamo conto di alcune cose, la reazione può essere inaspettata.
Nel film i due personaggi sono interpretati benissimo da Toni Servillo e Andrea Renzi; gesti, abitudini, movimenti ma soprattutto parole e modo di parlare ci fanno entrare in una realtà parallela, dove abbiamo a che fare con uomini veri e non con attori. Tutti i personaggi che girano intorno ai protagonisti sono vicini a noi: li incontriamo nei bar, per strada, in ufficio. Ci sono personaggi viscidi, mediocri e personaggi semplici, forse pure un po’ all’antica, che forse sono la parte più sana della società descritta. La critica spietata al mondo del calcio e dello spettacolo si fonde, senza dover trovare colpi di scena eclatanti, nella descrizione dei momenti di vita quotidiana dei protagonisti, che si ritrovano spesso in completa solitudine. La timidezza e la sobrietà di Antonio Pisapia viene congelata in due parole, quando in televisione riceve i complimenti per un goal in rovesciata lui ribadisce: “mezza rovesciata”. La strafottenza e la spavalderia di Tony Pisapia viene espressa magistralmente nel lungo monologo finale, ma bastano anche qui tre parole, che vengono ripetute varie volte nel corso del film: “mi sono svegliato tardi”, quando motiva alla figlia la sua assenza al funerale del padre.
Il film è un cult per i fan di Sorrentino, ma in generale per i cacciatori di citazioni… Non c’è frase che rimanga dimenticata, non c’è espressione che non diventi icona; l’ambientazione napoletana, inoltre, facilita l’immaginazione (per chi è della zona) nella costruzione della connessione fra i due, punto che fino alla fine lascia in bilico lo spettatore.
Insomma, iniziamo con la meritocrazia: questo è un filmone!
Il molosso

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