martedì 22 febbraio 2011

Noi e il Maghreb

La rivolta contro i dittatori di Medio Oriente e Maghreb riempe, in questi giorni, le cronache dei nostri mezzi di comunicazione. I tragici fatti libici, le immagini dei cadaveri martoriati nelle strade hanno rimpiazzato gli stantii dibattiti sui presunti abusi sessuali del premier.
L’entrata dirompente, nelle nostre menti, dei drammi che si vivono a poche miglia dalle nostre coste dovrebbe ampliare l'attenzione verso ciò che ci circonda. Questo Paese è da troppo tempo incapace di uno sguardo vero sul resto del mondo ed è ripiegato pericolosamente su se stesso, anche nella sua agenda pubblica, paradigma collettivo dei nostri egoismi privati. Perfino dopo fatti di tale gravità, lasciandosi guidare dai temi che i giornalisti televisivi (con poche lodevoli eccezioni) e i politici ci propongono in questi giorni, emerge una società impaurita dalle conseguenze che la crisi nordafricana provocherà in Italia, dal punto di vista economico, energetico e dei flussi migratori. Buio totale sulle morti, le ferite (del corpo e dell’anima), le città sventrate, le famiglie separate dal mar Mediterraneo. 
Non siamo in grado di guardare i nostri concittadini maghrebini, che vivono ormai da molti anni nelle città italiane, con un minimo di empatia o di attenzione per la loro condizione, nemmeno ora, e mentre con i nostri comportamenti quotidiani neghiamo spesso loro i diritti, loro vagano nelle strade buie, preoccupati di far meno rumore possibile, sforzandosi di essere invisibili, e in questi giorni con un peso in più sul cuore.

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